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Galilei, scienza e fede

 


Fede e scienza, due diversi campi d’indagine

 

Quanto alla prima domanda generica di Madama Serenissima (la granduchessa Cristina di Lorena, n.d.r.), parmi che prudentissimamente fusse proposto da quella e conceduto e stabilito dalla paternità Vostra, non poter mai la Scrittura mentire o errare, ma essere i suoi decreti d’assoluta e inviolabile verità. Solo avrei aggiunto, che, se bene la Scrittura non può errare, potrebbe nondimeno talvolta errare qualcuno dei suoi interpreti ed espositori, in varii modi: tra i quali uno sarebbe gravissimo e frequentissimo, quando volessero fermarsi sempre nel puro significato delle parole, perché così vi apparirebbono non solo diverse contradizioni, ma gravi eresie e bestemmie ancora; poiché sarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhi, e non meno affetti corporali e umani, come d’ira, di pentimento, d’odio, e anco talvolta l’obblivione delle cose passate e l’ignoranza delle future. […]

Stante dunque che la Scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa d’esposizioni diverse dall’apparente significato delle parole, mi par che nelle dispute naturali essa doverebbe essere riserbata nell’ultimo luogo: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissimaesecutrice degli ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all’intendimento dell’universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al significato delle parole, dal vero assoluto; ma, all’incontro, essendo la natura inesorabile e immutabile e nulla curante che le sue recondite ragioni e modi d’operare sieno o non sieno esposti alla capacità degli uomini, per lo che ella non trasgredisce mai i termini delle leggi imposteli; pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone innanzi agli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba n modo alcuno esser revocato in dubbio per luoghi della Scrittura ch’avesser nelle parole diverso sembiante, poi che non ogni detto della scrittura è legato a obblighi così severi com’ogni effetto di natura. Anzi, se per questo solo rispetto, d’accomodarsi alla capacità de’ popoli rozzi e indisciplinati, non s’è astenuta la Scrittura d’adombrare de’ suoi principalissimi dogmi, attribuendo sino all’istesso Dio condizioni lontanissime e contrarie ala sua essenza, chi vorrà asseverantemente sostenere che ella, posto da banda cotal rispetto, nel parlare anco incidentalmente di Terra o di Sole o d’altra creatura,abbia eletto di contenersi con tutto rigore dentro a i limitati e ristretti significati delle parole? […]

Stante questo, ed essendo più manifesto che due verità non possono mai contrariarsi, è ofizio de’ saggi espositori affaticarsi per trovare i veri sensi de’ luoghi sacri, concordanti con quelle conclusioni naturali delle quali prima il senso manifesto o le dimostrazioni necessarie ci avesser resi certi e sicuri. […]

Io crederei che l’autorità delle Sacre Lettere avesse avuto solamente la mira a persuadere a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che, sendo necessarie per la salute loro e superando ogni umano discorso, non potevano per altra scienza né per altro mezzo farcisi credibili, che per bocca dell’istesso Spirito Santo. Ma che quel medesimo Dio che ci ha donati di sensi, di discorso e d’intelletto, abbia voluto, posponendo l’uso di questi, darci con altro mezzo le notizie che pe quelli possiamo conseguire, non penso che sia necessario il crederlo, e massime in quelle scienze delle quali una minima particella e in conclusioni divise se ne legge nella Scrittura; qual appunto è l’astronomia, di cui ve n’è così piccola parte, che non vi si trovano né pur nominati i pianeti. Però se i primi scrittori sacri avessero auto pensiero di persuader al popolo le disposizioni e movimenti de’ corpi celesti, non ne avrebbon trattato così poco, che è come niente in comparazione dell’infinite conclusioni altissime e ammirande che in tale scienza si contengono.

Lettera a don Benedetto Castelli

 

Esercizi

 

  • Galileo è convinto dell’infallibilità della Bibbia e, al tempo stesso, dell’infallibilità della natura. Natura e Scrittura non possono errare. Come si risolvono allora i contrasti che emergono dai dati presenti in queste due fonti di verità?
  • Quali sono i passaggi fondamentali dell’argomentazione galileiana?

 

 

Il contrasto in materia dottrinale che oppone Galileo ai suoi critici, presenta posizioni articolate e interessanti. Conosciamo le tesi di Galileo. Non dobbiamo pensare che la posizione degli oppositori fosse grettae semplicistica. Alcuni di essi sapevano bene che dal punto di vista matematico e scientifico la posizionecopernicana e galileiana aveva molte ragioni a suo favore.

Vediamo alcuni momenti forti di questa polemica.

Un teologo carmelitano, Paolo Antonio Foscarini, in una sua opera del 1615, sostenne che i passi della Bibbia che trattavano del movimento degli astri potevano essere spiegati con maggior ragionevolezza per mezzo della teoria copernicana piuttosto che con la teoria tradizionale tolemaica, perché dalla prima si deduce una costituzione del mondo molto più fondata in ragione e in esperienza. Sembrerebbe che anche la teologia lasciasse il campo aperto alle novità scientifiche. In realtà Foscarini sosteneva il primato matematico della tesi eliocentrica copernicana, ma negava che a questa razionalità matematica corrispondesse la realtà fisica dei fenomeni naturali. Con le ipotesi matematiche ci avviciniamo alla verità ma non possiamo coglierla totalmente. Quest’ultima conoscenza segue solo l’accettazione della parola di Dio. La tesi eliocentrica è corretta in via di ipotesi, ma quando la parola della Bibbia interpretata ufficialmente dall’autorità ecclesiastica contraddice con chiarezza sia l’indagine razionale sia la testimonianza dei sensi, deve essere anteposta ad esse.

Il cardinale Roberto Bellarmino, intervenendo nel dibattito, sosteneva ce del sistema copernicano si dovesse parlare esclusivamente per ipotesi (ex suppositione) e non assolutamente:

Perché il dire, che supposto che la terra si muova e il sole stia fermo si salvano tutte le apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli, è benissimo detto, e non ha pericolo nessuno; e questo basta al mathematico: ma volere affermare che realmente il sole stia nel centro del mondo … e che la terra stia nel 3° cielo e giri con somma velocità intorno al sole, è cosa molto pericolosa non solo d’irritare tutti i filosofi e theologi scolastici, ma ano di nuocere alla Santa Fede con rendere false le Scritture Sante.

 Lo storico della scienza Michele Camerota spiega a questo punto che il cardinale Bellarmino si riferiva alle prescrizioni ermeneutiche stipulate nel Concilio di Trento, che proibivanodi esporre le Scritture “contro il comune consenso de’ Santi Padri” che interpretavano i passi biblici in questione secondo la prospettiva geocentrica ( M. Camerota, Galileo Galilei, Salerno, 2004, p. 285).

Le posizioni di Bellarmino sembrano anticipare moderne concezioni scientifiche basate sul convenzionalismo, secondo il quale, in una teoria scientifica, la convenzione linguistica derivata da un accordo tra gli scienziati, il linguaggio adoperato, è fondamentale e determinante per la costruzione della teoria. Il convenzionalismo è una teoria contemporanea importante, e ciò ha spinto alcuni a considerare le posizioni di Bellarmino più avanzate, almeno sul piano metodologico, di quelle di Galileo, ancorato alla dimensione oggettiva della teoria scientifica.
In genere non è un buon metodo storico quello di scorgere in posizioni del passato luminose anticipazioni di teorie moderne. Camerota tende a vedere nelle posizioni del cardinale “un accentuato scetticismo nei confronti delle pretese veritative della scienza astronomica” ( op. cit., p. 286) e “la preoccupazione di difender integralmente gli equilibri teologici e culturali sanciti dal Concilio di Trento” (p. 288).


13-nov-06

 

 

 

   
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