scrivi  
   
   

 

Il concetto di potere nel medioevo (I)

 

 

Che cosa intendiamo per potere?

Il potere è la capacità che qualcuno possiede, di condizionare il comportamento di un’altra persona. Quando questa capacità si esercita in un ambito ristretto di legami personali ( famiglia, piccola comunità ), il potere è di tipo privato. Quando si esercita su un territorio e sulle persone che lo popolano si può parlare di potere pubblico (potere politico) e anche, in un primo avvicinamento alla definizione che richiederà successive specificazioni, di sovranità.

 

Quale configurazione assume il potere all’inizio del medioevo?

Innanzitutto chiariamo che il nostro intento è quello di studiare la genesi del potere pubblico, cioè del potere politico nel medioevo. Il potere di tipo privato è studiato dalla storiografia sociale, un settore fondamentale per la ricerca storica generale, ma che qui non possiamo trattare. Parlando di potere pubblico, dobbiamo, come è stato già spiegato, individuare un territorio dove questo potere si esercita. Nel periodo che vede la fine dell’impero romano e l’inizio del medioevo (dobbiamo pensare ad un arco di tempo che va dal III al IX sec. d. C., storia di lungo periodo, che non può ridursi al 476 – Odoacre che depone Romolo Augustolo) questo territorio non è più il bacino del Mediterraneo, cuore pulsante degli eventi della storia antica, ma il territorio continentale che ora conosciamo come Europa.

Questo territorio è interessato ad eventi (come le migrazioni ed invasioni di nuovi popoli) che danno origine a nuove realtà politiche che, con grande approssimazione, possono corrispondere agli stati attuali. Si sperimentano cioè nuove forme di potere nel territorio spagnolo, in quello francese, in quello inglese, in quello italiano.

 

La nuova geografia è chiara. Ma qual è la natura del nuovo potere?

Dobbiamo parlare della classe dirigente che esercita questo potere. È la classe nobiliare che si forma dalla sintesi della nobiltà germanica e di quella romana. La nobiltà germanica era un’aristocrazia militare i cui valori erano l’ardimento in battaglia e la crudezza del comportamento. La nobiltà romana era costituita da un’aristocrazia di proprietari terrieri (le proprietà di alcune famiglie si distribuivano a volte in diverse province) colti e amanti delle lettere e della filosofia; severità stoica, interiorità cristiana, pacata riflessione, filantropia, entravano a far parte dell’educazione degli individui che ne facevano parte.

Nei regni che vengono chiamati romano-barbarici (sono le nuove entità politiche a cui si è accennato) si realizza una sintesi della popolazioni originarie e delle popolazioni barbariche. A livello della classe dirigente la sintesi interessa le rispettive aristocrazie.

 

Come si caratterizza questa nuova classe dirigente?

È un’aristocrazia militare che possiede anche proprietà fondiarie. Possiede terreni, ma li gestisce in modo diverso dalla antica nobiltà romana. All'inizio del processo che stiamo studiando questa nobiltà esercita il potere sui propri schiavi o sui propri affittuari (signoria fondiaria), ma con il passare del tempo (XI sec.) lo estenderà a tutti gli abitanti del territorio, anche su quelli formalmente liberi. La forza militare verrà usata per governare un territorio. Si tratta quindi di una forma, anche se elementare e non ben definita, di potere pubblico. Sia chiaro: si tratta di un potere pubblico molto diverso da quello che conosciamo nell’età contemporanea. Non solo: si tratta di un potere pubblico molto diverso dal potere formalizzato e regolato da norme che troviamo in un periodo più tardo nella stessa storia medievale. Ma non è più un potere solo personale (da persona a persona, da padrone a servo) ma è potere sul territorio.

La nobiltà militare germanica diventa proprietaria terriera.

La nobiltà romana latifondista si militarizza (e perde per lo più quella cultura che la caratterizzava).

Quando, nell'XI sec. il potere nobiliare si estenderà sul territorio, diventando potere politico, parleremo di signoria bannale.

 

Questo processo di sintesi ha avuto un luogo privilegiato?

Fu nel regno dei Franchi che questo processo si realizzò in modo esemplare. I Franchi erano guidati dalla dinastia merovingia (dal mitico capostipite Meroveo) che tentò di dare una fisionomia unitaria al regno (in origine molto frantumato). A partire dal VI sec. però la famiglia dei Pipinidi, non di stirpe reale, si trovò a possedere un patrimonio fondiario vastissimo, il più vasto del regno, e un grande prestigio conquistato in battaglia. I Pipinidi detenevano la carica di maggiordomo (maestro di palazzo), erano cioè grandi funzionari regi. Disponendo di grandi ricchezze (potevano usare anche il patrimonio fondiario del re e crearsi fedeli vassalli), di forti eserciti, e coltivando un legame privilegiato con la chiesa cattolica, divennero la dinastia più importante del regno. Nel 751 Pipino il Breve destituì i merovingi e dette vita a una nuova dinastia regnante ( pipinide, appunto, o carolingia). Pipino fu eletto re da una assemblea di nobili e poi, l'evento è importante, venne consacrato dal vescovo cattolico Bonifacio (e anche dal papa Stefano II) secondo un rito che richiamava l'unzione degli antichi re di Israele (1Sam.10, 1).

 

Perché è importante l'aspetto religioso in un discorso di potere politico?

Dopo la crisi delle strutture dell'impero romano furono i vescovi nelle città a costituire un punto di riferimento importante per la ricostruzione di una rete amministrativa pubblica. Il clero francese fu organizzato con grande sapienza da Bonifacio dopo un periodo di crisi. L'alleanza dei carolingi con la chiesa cattolica permetteva loro di poggiare il proprio potere su una disciplina della popolazione ben ordinata.

Oltre a ciò non può essere sottovalutato il ruolo assunto dalla Chiesa nel dare fondamento simbolico al potere politico. La chiesa cattolica aveva ereditato l'universalità del vecchio impero che già in epoca costantiniana univa linguaggio sacro e linguaggio politico. Il sovrano fondava le sua monarchia terrena sul modello di una illimitata monarchia celeste (Giovanni Tabacco). La sua autorità, con tale fondamento simbolico, era notevolmente accresciuta.

Inoltre: se per noi, oggi, è normale separare il piano religioso da quello politico, nel medioevo il re assumeva anche l'aspetto di sacerdote, organizzava il clero, interveniva nei concili determinando importanti decisioni teologiche e dogmatiche. Già prima della sua incoronazione imperiale Carlo Magno si considerava la suprema autorità cristiana dell'Occidente, personalmente responsabile dell'ortodossia, e il papa, al suo fianco non svolgeva che un compito ausiliario (Alessandro Barbero).


 

Giovanni Tabacco, Le ideologie politiche del medioevo, Einaudi,2000

Alessandro Barbero, Carlo Magno, Laterza 2000

Peter Brown, Genesi della tarda antichità, Einaudi